«Ilva, 5mila euro finiti
alla fondazione
del ministro Prestigiacomo»
di MIMMO MAZZA
TARANTO - Con il deposito di tutti gli atti dell’inchiesta «Ambiente svenduto» sull’Ilva di Taranto è possibile comprendere appieno il sistema nel quale la famiglia Riva si è mossa per ottenere le autorizzazioni all’esercizio dello stabilimento siderurgico ed evitare provvedimenti punitivi da parte delle varie autorità preposte ai controlli. È il 9 giugno del 2010 quando Ivo Allegrini, ex direttore del Cnr Lazio e componente del Centro Studi Ilva, chiama il potente responsabile delle relazioni esterne della fabbrica Girolamo Archinà (arrestato il 26 novembre 2012 e tutt’ora ai domiciliari) per discutere della bocciatura delle nomine dei direttori generali presso il ministero dell’Ambiente, guidato allora da Stefania Prestigiacomo.
Allegrini dice ad Archinà - così si legge in una informativa del Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza - di aver incontrato, in mattinata, il «loro amico Corrado» («io stamattina ho visto per altri motivi il nostro amico Corrado»), il quale lo avrebbe informato che gli sarebbe stata conferita un’ulteriore delega di direttore generale («gli hanno dato la delega che danno pure ad altri direttori generali, no!»), ed in relazione a ciò gli avrebbe chiesto un report relativo allo stabilimento di Taranto («allora mi ha detto: “Fatemi una nota di tutto quello che praticamente, del casino che sta succedendo giù a Taranto no!»), riferendosi, evidentemente, alle problematiche inerenti al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale per il siderurgico, palesando, inoltre, che era suo intendimento rimettere le «cose in sesto», in considerazione del fatto che, a suo parere, negli ultimi mesi nessuno aveva fatto nulla in merito («perché nel limite del possibile io, insomma, cerco di rimettere le cose in sesto perché mi rendo conto che qui nessuno ha fatto un cazzo per diversi mesi nel passato...»).
Ricevuta tale notizia, Archinà, dimostrando - sempre secondo i militari delle Fiamme Gialle - di aver ben compreso chi fosse il «nostro amico Corrado», cui faceva riferimento Allegrini come la «Gazzetta» rivelò nell’agosto 2012, chiedeva se quella persona avesse ricevuto la delega specifica anche in relazione alle procedure Aia, al che Allegrini ribadiva che Corrado aveva avuto la delega di tutti i direttori generali, facendo, in ciò, chiaramente intendere che si trattava di una delega ampia che gli consentiva anche di occuparsi delle procedure connesse al rilascio dell’Aia. A tal proposito Allegrini, avendo promesso a Corrado che entro il successivo venerdì gli avrebbe consegnato personalmente il «report sulla situazione di Taranto», si accordava con Archinà perché predisponesse l’appunto per grandi linee ed in maniera stringata per poi consegnarlo personalmente all’amico Corrado.
Secondo la Guardia di Finanza si può «affermare con buon grado di attendibilità che “il nostro amico Corrado”, al quale fanno riferimento il prof. Ivo Allegrini e Girolamo Archinà è da individuarsi nella persona del dott. Corrado Clini, all’epoca dei fatti direttore generale presso il Ministero dell’Ambiente». I magistrati hanno, però, ritenuto di non approfondire ulteriormente la vicenda, non acquisendo i tabulati di Allegrini, per verificare eventuali telefonate con Clini, né interrogandolo. Lo stesso Clini, d’altronde, alla «Gazzetta» dieci giorni fa ha smentito di essere «mai stato uomo Ilva».
Nessun accertamento ulteriore, inoltre, è stato compiuto su un altro caso scottante che emerge dalla lettura delle carte, ovvero il contributo di 4-5mila euro chiesto a Fabio Riva dall'avvocato Luigi Pelaggi, capo della segreteria tecnica del ministero dell'Ambiente (indagato per concorso in abuso e rivelazione di segreto d'ufficio) per l'organizzazione di un convegno che la fondazione Liberamente - fondata dall’allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo con i ministri Mariastella Gelmini e Franco Frattini - organizzò il 10 luglio del 2010 a Siracusa. I finanzieri scrivono che Pelaggi, per conto del ministro Prestigiacomo, chiese a Fabio Riva un contributo di 4/5.000 euro per la sponsorizzazione di tale evento («io farò poi una piccola noticina, diciamo sugli obiettivi della fondazione, perché lei mi ha pregato di divulgarla con chi abbiamo avuto contatto... e per quanto riguarda i contributi se uno voglia aderire sono 4 o 5.000 euro»), specificando che per esaudire i desiderata del ministro, che gli aveva chiesto di contattare tutti coloro con i quali erano stati intrattenuti dei contatti, era costretto a fare circa cinquanta telefonate («però mi diceva "fammi questa cortesia Luigi...” e infatti ecco lunedì di ponte me lo ha infelicitato, nel senso che mi devo fare una cinquantina di telefonate…»). Naturalmente Fabio Riva assicurò il contributo, tranquillizzando il suo interlocutore («non c'è… non c'è problema!» ).
TARANTO - Con il deposito di tutti gli atti dell’inchiesta «Ambiente svenduto» sull’Ilva di Taranto è possibile comprendere appieno il sistema nel quale la famiglia Riva si è mossa per ottenere le autorizzazioni all’esercizio dello stabilimento siderurgico ed evitare provvedimenti punitivi da parte delle varie autorità preposte ai controlli. È il 9 giugno del 2010 quando Ivo Allegrini, ex direttore del Cnr Lazio e componente del Centro Studi Ilva, chiama il potente responsabile delle relazioni esterne della fabbrica Girolamo Archinà (arrestato il 26 novembre 2012 e tutt’ora ai domiciliari) per discutere della bocciatura delle nomine dei direttori generali presso il ministero dell’Ambiente, guidato allora da Stefania Prestigiacomo.
Allegrini dice ad Archinà - così si legge in una informativa del Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza - di aver incontrato, in mattinata, il «loro amico Corrado» («io stamattina ho visto per altri motivi il nostro amico Corrado»), il quale lo avrebbe informato che gli sarebbe stata conferita un’ulteriore delega di direttore generale («gli hanno dato la delega che danno pure ad altri direttori generali, no!»), ed in relazione a ciò gli avrebbe chiesto un report relativo allo stabilimento di Taranto («allora mi ha detto: “Fatemi una nota di tutto quello che praticamente, del casino che sta succedendo giù a Taranto no!»), riferendosi, evidentemente, alle problematiche inerenti al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale per il siderurgico, palesando, inoltre, che era suo intendimento rimettere le «cose in sesto», in considerazione del fatto che, a suo parere, negli ultimi mesi nessuno aveva fatto nulla in merito («perché nel limite del possibile io, insomma, cerco di rimettere le cose in sesto perché mi rendo conto che qui nessuno ha fatto un cazzo per diversi mesi nel passato...»).
Ricevuta tale notizia, Archinà, dimostrando - sempre secondo i militari delle Fiamme Gialle - di aver ben compreso chi fosse il «nostro amico Corrado», cui faceva riferimento Allegrini come la «Gazzetta» rivelò nell’agosto 2012, chiedeva se quella persona avesse ricevuto la delega specifica anche in relazione alle procedure Aia, al che Allegrini ribadiva che Corrado aveva avuto la delega di tutti i direttori generali, facendo, in ciò, chiaramente intendere che si trattava di una delega ampia che gli consentiva anche di occuparsi delle procedure connesse al rilascio dell’Aia. A tal proposito Allegrini, avendo promesso a Corrado che entro il successivo venerdì gli avrebbe consegnato personalmente il «report sulla situazione di Taranto», si accordava con Archinà perché predisponesse l’appunto per grandi linee ed in maniera stringata per poi consegnarlo personalmente all’amico Corrado.
Secondo la Guardia di Finanza si può «affermare con buon grado di attendibilità che “il nostro amico Corrado”, al quale fanno riferimento il prof. Ivo Allegrini e Girolamo Archinà è da individuarsi nella persona del dott. Corrado Clini, all’epoca dei fatti direttore generale presso il Ministero dell’Ambiente». I magistrati hanno, però, ritenuto di non approfondire ulteriormente la vicenda, non acquisendo i tabulati di Allegrini, per verificare eventuali telefonate con Clini, né interrogandolo. Lo stesso Clini, d’altronde, alla «Gazzetta» dieci giorni fa ha smentito di essere «mai stato uomo Ilva».
Nessun accertamento ulteriore, inoltre, è stato compiuto su un altro caso scottante che emerge dalla lettura delle carte, ovvero il contributo di 4-5mila euro chiesto a Fabio Riva dall'avvocato Luigi Pelaggi, capo della segreteria tecnica del ministero dell'Ambiente (indagato per concorso in abuso e rivelazione di segreto d'ufficio) per l'organizzazione di un convegno che la fondazione Liberamente - fondata dall’allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo con i ministri Mariastella Gelmini e Franco Frattini - organizzò il 10 luglio del 2010 a Siracusa. I finanzieri scrivono che Pelaggi, per conto del ministro Prestigiacomo, chiese a Fabio Riva un contributo di 4/5.000 euro per la sponsorizzazione di tale evento («io farò poi una piccola noticina, diciamo sugli obiettivi della fondazione, perché lei mi ha pregato di divulgarla con chi abbiamo avuto contatto... e per quanto riguarda i contributi se uno voglia aderire sono 4 o 5.000 euro»), specificando che per esaudire i desiderata del ministro, che gli aveva chiesto di contattare tutti coloro con i quali erano stati intrattenuti dei contatti, era costretto a fare circa cinquanta telefonate («però mi diceva "fammi questa cortesia Luigi...” e infatti ecco lunedì di ponte me lo ha infelicitato, nel senso che mi devo fare una cinquantina di telefonate…»). Naturalmente Fabio Riva assicurò il contributo, tranquillizzando il suo interlocutore («non c'è… non c'è problema!» ).
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